Gianfranco Pereno
IL SEGRETO DI LITUS MINOR
In un antichissimo borgo ormai disabitato, nascosto tra le valli da pesca della laguna di Venezia, si cela un segreto che fa gola a individui che non esitano ad uccidere pur di raggiungere i loro scopi.
Un thriller ambientato tra le barene della laguna nord, dove il tempo e la storia, la realtà e l’impossibile si intrecciano per impedire che una antica follia possa nuovamente mettere radici nelle nostre vite e nel nostro futuro.
Il segreto di Litus Minor
Capitolo 1
Erano i primi di marzo e da parecchi minuti ero immerso in uno dei tanti tramonti che si sciolgono con rapidità dentro la laguna, ma ricordo che non ci facevo quasi caso, tanta era la voglia di ritrovarmi con gli amici attorno a un tavolo del “Notturno”.
Comunque, quando svoltai alla solita biforcazione per puntare su Lio Piccolo, sollevai ugualmente il piede dall’acceleratore e, abbassando il vetro per far entrare l’aria salmastra della barena, lasciai scorrere lo sguardo attorno.
Il sole era ormai diventato un’enorme palla rossa che sfiorava l’orizzonte e trasformava l’acqua della laguna in un immenso mare di fuoco.
Notai poco più avanti un camioncino che si stava avvicinando rapidamente e accostai alla prima piazzetta di servizio, se vogliamo chiamarla così.
La strada è troppo stretta per consentire la doppia circolazione e quei provvidenziali piccoli spiazzi sono l’ideale per permettere il normale flusso del traffico, anche se a onor del vero a quell’ora praticamente inesistente.
Risposi meccanicamente al cenno di saluto dell’altro conducente; non lo conoscevo, ma a giudicare dal suo mezzo doveva essere un piccolo trasportatore che si era attardato a caricare verdura in una delle tante serre della zona.
Comunque, avevo appena ingranato la prima quando rimasi di stucco, a lato del minuscolo terrapieno su cui mi ero fermato, una donna stava tranquillamente seduta su un sasso, giocherellando con i piedi nudi nell’acqua.
In realtà era seminascosta da un grosso cespuglio e forse fu per quello che non l’avevo scorta prima, ma ricordo bene che pensai immediatamente alla classica turista flippata per la natura, almeno sino a quando non misi a fuoco l’insolito abbigliamento.
Indossava solamente una leggera camiciola bianca, una specie di grezza tunica di lino che le arrivava appena sotto l’inguine, con una profonda scollatura tenuta unita da sottili lacci intrecciati.
Lei intanto si era voltata verso di me, fissandomi dal basso in alto con aria indifferente, poi, come se nulla fosse, s’immerse con fluidità nell’acqua.
Imbarazzato, scesi dalla macchina indeciso su come comportarmi, ma nel breve attimo in cui la persi di vista lei scomparve.
Mi sporsi in avanti fino a rischiare a mia volta un tuffo fuori stagione, ma della donna nessuna traccia, eppure l’acqua in quel punto non era certamente alta più di mezzo metro, e completamente limpida.
Pensando che si fosse spaventata cercai con gli occhi un possibile riparo, ma la laguna era completamente aperta e la rada vegetazione non consentiva certamente nascondigli efficaci, così dopo qualche minuto dovetti arrendermi e ammettere di essere completamente solo, a parte le immancabili garzette che si facevano, imperturbabili, i fatti loro.
Nel frattempo il sole era abbondantemente sceso all’orizzonte e l’acqua aveva preso il colore del sangue, dandomi la sensazione di un immenso lago scarlatto che mi stesse circondando implacabile.
Un brivido freddo mi colse all’improvviso, lasciandomi con la sensazione di essere completamente indifeso in un mondo ostile e sconosciuto, poi alle mie spalle un fragore mi fece voltare di scatto e venni quasi investito da uno stormo di fenicotteri rosa che, comparso praticamente dal nulla, si era levato in volo passandomi a pochi metri sopra la testa, maestoso e potente.
E con loro, rapida com’era arrivata, quella terribile sensazione se ne andò, la laguna assunse le tonalità più incredibili e il sole scivolò oltre l’orizzonte, lasciandosi alle spalle solo striature arancioni di nuvole sottili.
«Quanti spritz ti sei fatto prima di arrivare qui?»
«Non ho bevuto, vi dico che c’era davvero!»
«E come no! Aveva almeno un bel culo?»
Constatando che non c’era verso di far accettare quello che avevo visto, scivolai via dal discorso e mi abbandonai al prosecco e a un meraviglioso risotto di ‘go’.
Al ritorno però, guidai pianissimo, attento a quello che i fari e la luce della luna piena mi concedevano di vedere, convinto di veder sbucare all’improvviso un fantasma bianco dagli occhi di fuoco.